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NUOVA RIEMPITRICE ELETTROPNEUMATICA

Nuovo monoblocco elettropneumatico lineare GAI sciacquatrice, riempitrice con la nuova valvola elettropmeumatica e tappatore. Questa nuova macchina è in grado di imbottigliare vini fermi, frizzanti, spumanti e birra. E' nata per soddisfare le esigenze delle piccole aziende vinicole e birrerie.

GAI - Ecco come il Birrificio Rurale ha minimizzato l’oxigen pickup grazie ai nuovi rubinetti elettropneumatici applicati al riempimento delle lattine

«La birra è arte e scienza. L’arte aiuta nella scelta degli ingredienti, guida l’ispirazione a creare nuovi prodotti. La scienza è il mezzo che rende queste cose possibili». 

Dal 2009 Lorenzo Guarino lascia che l’ispirazione guidi il Birrificio Rurale, pluripremiata brewery artigianale distintasi per la riconoscibilità dei suoi prodotti e la cura metodica con cui segue tutto il processo produttivo. Ma permette anche alla scienza di fare la sua parte: di aumentare cioè la qualità delle birre laddove la mano del produttore non può arrivare. 

Lorenzo Guarino, com’è nato il Birrificio Rurale? 
Per anni ho condiviso con cinque amici la passione per le birre fatte in casa. Fino a che, nel 2009, abbiamo dato vita a un birrificio ubicato nel silo di cemento di una cascina nei pressi del Parco Visconteo. Volevamo vincere una sfida: dimostrare che anche la birra, come il vino, è un prodotto legato al territorio, alle cure e alla fatica dei suoi produttori. Il successo degli esordi ci ha costretto a cercare nuovi spazi e, nel 2013, abbiamo traslocato a Desio, in Brianza: una sede meno “poetica”, ma più razionale. Ho lasciato il mio lavoro di ingegnere informatico e sono diventato il mastro birrario del progetto, di cui i miei amici “birrofili” sono tutt’ora soci. 

Come può la tecnologia aiutare un birrificio artigianale? 
I nuovi spazi produttivi e l’aumento dei volumi richiedevano macchinari più veloci e performanti, specie nella delicata fase dell’imbottigliamento. Credo che il segreto di una buona tecnologia sia quello di mettersi al servizio dell’esperienza del produttore, liberandone fantasia e capacità di creare. 

Come nasce il sodalizio con Gai? 
Gai fu la nostra primissima imbottigliatrice manuale, sostituita nel 2012 da una riempitrice a gravità e nel 2015 da un monoblocco isobarico, sul quale abbiamo cominciato a fare degli esperimenti. 

In che senso? 
Di comune accordo con Gai abbiamo cominciato una serie di test e misurazioni volti a capire come ridurre l’oxigen pickup durante la fase di imbottigliamento. Controllare la quantità di ossigeno in bottiglia è per noi un aspetto fondamentale della qualità che vogliamo trasmettere con le nostre birre. Ogni millilitro di aria accidentalmente aggiunta durante il riempimento aumenta l’ossigeno totale di 300 ppb (parti per miliardo) e noi volevamo che questa soglia fosse sempre al di sotto dei 50 ppb. 

Da utilizzatori finali siete diventati creatori di tecnologia? 
Co-creatori. L’estrema disponibilità di Gai e la reciproca fiducia hanno fatto sì che i nostri suggerimenti si trasformassero in spunti per ottimizzare la tecnologia, oggi più performante e più adatta alle nostre esigenze. 

Ci può fornire qualche dato? 
Quando nel 2019 abbiamo deciso “imbottigliare” una parte della nostra produzione in lattina, Gai ci ha messo a disposizione una delle sue ultime creazioni, la MLE 4441 CAN, monoblocco isobarico lineare da 1.200 pezzi l’ora. Si trattava di un “prototipo avanzato” già pronto al commercio, che abbiamo installato in azienda con l’obiettivo di verificarne l’efficienza. Gli scambi tra birrai e ingegneri sono stati così fecondi che l’oxygen pickup, dall’ottimo risultato raggiunto con le macchine precedenti (40 ppb), si è addirittura dimezzato. Con la MLE 4441 CAN siamo riusciti a portare l’ossigeno attorno alle 20 parti per miliardo: un risultato oltre le attese.

Qual è stato l’apporto decisivo della tecnologia di Gai? 
L’assoluto controllo dell’ossigeno in tutte le fasi di riempimento. La valvola isobarica UNICA satura di CO2 l’interno delle lattine vuote per poi riempirle in modo delicatissimo, senza “sgasare” la birra. Una volta riempita la lattina, anche lo spazio di testa (tra il coperchio e il livello del liquido) viene trattato con gas inerte, per impedire che la più piccola quantità di ossigeno si “intrufoli” tra il riempimento e l’aggraffatura. I risultati sono stati così incoraggianti che ci hanno convinti ad ordinare il nuovo modello, la MLE 6661 CAN, un concentrato di tecnologia che “viaggia” fino a 1.600 lattine l’ora. E non è finita qui. 

Ovvero? 
Gai ci ha concesso di sperimentare la nuovissima CAN ROTATIVA, un vero e proprio portento a 24 rubinetti elettropneumatici con graffatrice a tre teste che, dai primi test, promette più velocità e una riduzione ancora maggiore dell’oxygen pick-up. Cercavamo un fornitore, abbiamo trovato un vero e proprio partner
 

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